venerdì 16 agosto 2013

Il complesso archeologico di Santa Cristina di Paulilatino


da http://ilpopoloshardana.blogspot.it
di Marcello Cabriolu
Monotorre a Santa Cristina Paulilatino - F.Selis Photo Archive

Il complesso, inquadrabile per frequentazione tra il XVII sec. a.C. e l’Età medievale, si sviluppa su un’ampia porzione di terreno, circa un ettaro, separata in due settori dalla cumbessida di Santa Cristina. La cumbessida o muristene è l’insieme di piccole abitazioni per i pellegrini erette a circondare i santuari campestri ed occupate stagionalmente in occasione della ricorrenza dei festeggiamenti relativi alla figura a cui il santuario è dedicato. Il complesso preistorico di Santa Cristina si divide in due settori: uno a settentrione e l’altro a meridione, ma verosimilmente nell’antichità dovevano essere due quartieri, quello funerario e quello cultuale, di un unico insediamento molto più vasto dell’attuale residuo. Il complesso di settentrione si compone di un pozzo sacro, della capanna delle riunioni e della preistorica cumbessida che ha ispirato, in un sincretismo religioso e culturale, i costruttori tardo-medievali. Analizzando i monumenti osserviamo che il pozzo sacro, conosciuto dai primissimi anni dell’ottocento e scavato solamente dagli anni cinquanta agli anni settanta del novecento, viene reso in conci isodomi di basalto bolloso. Si costituisce in un pozzetto di captazione sormontato da una tholos ipogeica, la quale si presenta rifinita in conci isodomi e rastremata verso l’alto con l’apice della cupola coronato da una ghiera litica aperta volutamente. Si accede al pozzo vero e proprio attraverso una scalinata di pianta triangolare, frutto delle moderne ristrutturazioni e non corrispondente all’originale, che conduce ad un ingresso di luce trapezoidale sormontato da una serie di architravi sovrapposti a gradinata rovesciata.
Scalinata del pozzo - F.Selis Photo Archive

 Anche le pareti della gradinata si presentano rastremate verso l’alto e sono rese con conci isodomi a T con una faccia a vista perfettamente rifinita. I contorni del pozzo sono rimarcati da una forma tondeggiante, posta sopra la tholos, caratterizzata dalla presenza di un sedile e dall’antis parallelo alla scalinata. Questi residui murari, secondo le elaborazioni di alcuni studiosi, erano in origine una sorta di torre o edificio cupolato preceduto da una parte rettangolare con tetto a doppio spiovente, riflessione condotta forse in accostamento ad alcune statuette in bronzo. In prossimità del pozzo si incontra la capanna delle riunioni, resa in basalto e marginata da un sedile, oltre che pavimentata da grandi pietroni. Numerosi sono gli ambienti di forma rettangolare che attorniano sia il pozzo che la capanna delle riunioni e numerosi in questi sono i segni grafici riconducibili a forme comuni usate dai Popoli del Mare per idealizzare la Divinità, nonchè forme scritte vere e proprie. L’altra porzione dell’area archeologica visitabile è composta da un nuraghe monotorre e da un insieme di sepolture di svariate epoche sovrapposte e accostate. Si possono osservare almeno tre strutture allungate absidate rese con tecnica edilizia a “sacco” una delle quali presenta la copertura a piattabande.
Sepoltura absidata - F.Selis Photo Archive

 Questi tre edifici, di cui altri simili li possiamo individuare nell’area di Tamuli di Macomer, pur non presentando l’esedra, sono inquadrabili nella tipologia funeraria delle tombe dei giganti, probabilmente in una fase arcaica. Anche in questo caso, lungo il corridoio di taglio trapezoidale di una delle due, si possono osservare - oltre a segni di vandalismo moderno - forme grafiche riconducibili alla scrittura dei Popoli del Mare. In posizione centrale all’area funeraria sorge un nuraghe monotorre a cui si accede attraverso un ingresso sormontato da un poderoso architrave e coronato da una finestrella di scarico con la sagoma di una testa bovina. Lungo il corridoio che conduce alla sala ancora voltata a tholos e marginata da tre grandi nicchie, si apre a sinistra una rampa di scale che sale in senso orario al secondo livello. Se dall’esterno il complesso può sembrare chiuso e poco arieggiato, le svariate feritoie nel paramento murario della scala ci mostrano un sistema di arieggiamento insospettabile.
Segni di scrittura - F.Selis Photo Archive

 Il secondo livello del nuraghe mostra un ambiente irregolare quasi diviso in due da un tramezzo, ma non dà segni di eventuali piani superiori. L’intorno della struttura rivela la presenza di una consistente necropoli che si sviluppa temporalmente sino all’epoca imperiale e altomedievale, in virtù della presenza di numerosi portelli funerari con doppio spiovente e decorazione a spiga, tipici di sepolture alla “cappuccina”. Degna di nota è la presenza di menhir con coppelle riconducibili all’Età del rame e di diversi macigni con segni di scrittura.
Incisioni su pietra nella cumbessida nuragica - F.Selis Photo Archive
di Marcello Cabriolu

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