lunedì 23 aprile 2012

dal paganesimo all'epoca cristiana



Molti dei luoghi in cui i primi Sardi si recavano ad adorare gli idoli di pietra hanno mantenuto attraverso i secoli la loro originaria destinazione  sacra divenendo fulgidi simboli di fede cristiana.
Ció é avvenuto,per esempio,lá dove sorge la chiesa di San Salvatore del Sinis, sita nell'omonima penisola che chiude il golfo di Oristano.
L'edificio é stato costruito sui resti di un vecchio luogo di culto romano ristrutturato intorno al quarto secolo d.C. e sovrapposto ad un precedente tempio punico che, a sua volta,era stato innalzato sui resti di un altro molto piu' antico legato al culto  delle acque.
Al centro del santuario si conserva un pozzo centrale ed altri piu' piccoli sono posti sui vani laterali e nella sala terminale absidata.
Ancora in epoca romana questi pozzi contenevano dei bètili.
Un sottile filo continuo lega cosi' la tradizione prenurargica a quella nuragica,punica,romana e,infine,cristiana.






immagini dal sito prese dal sito http://www.costadelsinis.it 



Cambia la divinita',ma rimane costante il sentimento religioso del popolo ed il valore che viene riconnesso al luogo in cui il culto si esprime nelle sue forme esteriori.
D'altra parte,millenni di storia e di preistoria non possono certo essere facilmente dimenticati,soprattutto da parte di un popolo come quello sardo,che ha costantemente rielaborato la propria cultura,solo intaccata, qua e la',dalle influenze esterne  delle varie dominazioni.
Si sono cosí tesaurizzati i valori magico-religiosi delle antiche pietre,diventue fulcro di racconti fiabeschi.
Nell'isola non vi é roccia particolare per forma o dimensione,
cui non sia legata una qualche leggenda.
Attraverso queste storie,antichi significati si sono potuti conservare nonostante i secoli di cultura cristiana.

Bisogna considerare che l'opera di cristianizzazione della Sardegna non é stata semplice né rapida.Anche se la predicazione del Vangelo risale all'epoca delle prime persecuzioni cristiane,la conversione totale del popolo é stata un processo estremamente lento e difficoltoso.Ció ha fatto sì che,frammisti ai principi della religione che si andava imponendo come ufficiale,residuassero elementi fideistici pagani,molti dei quali riscontrabili ancora oggi.Basta pensare alle varie pratiche per scongiurare il malocchio o alle misteriose preghiere  per tornare in possesso di oggetti smarriti o rubati,o ancora,ai riti compiuti in occasione di numerose feste religiose.

Nella notte di San Giovanni si raccolgono le erbe medicinali e si praticano riti medicamentosi.Per Sant'Antonio vengono accesi faló le cui ceneri sono poi sparse nei campi a scopo propiziatorio.
Si ritiene che la notte del ventiquattro aprile,vigilia della festa di San Marco,questi percorra le campagne a cavallo per benedire le colture.La Domenica delle Palme,durante il passio,i fabbri forgiano amuleti di ferro che hanno lo scopo di proteggere dal cattivo influsso delle persone invidiose.In alcune preghiere non mancano invocazioni al sole e alla luna: ... Jesus cristu preichenne/chin sa luna e chin su sole/Jesus cristu Salvatore...

La Perda de s'ogu,usata contro il malocchio,diventa s'ogu de Santa Luxia (l'occhio di Santa Lucia) e la pratica scaramantica viene ripetuta utilizzando l'acqua attinta direttamente da sa picca (l'acquasantiera) e compiendo segni di croce sull'orlo del recipiente.

Per sconfiggere le abitudini idolatriche,il clero ha cercato di assorbirle rivestendole di significato cristiano.Sono nate cosí storie tenebrose e parabole moraleggianti dirette a dimostrare la falsitá delle antiche credenze.Gesti e riti arcaici si sono incorporati nelle preghiere della nuova religione.
Le rocce,originariamente simbolo degli dei pagani,hanno preso nomi di santi;menhir e bètili si sono colorati di leggende cristiane nelle quali,pero',emergono prepotentemente sicure tracce dei trascorsi culti pagani.

Le antiche sacerdotesse custodi delle acque della salute,che si ostinavano a mantenere in vita una religione ormai superata,si trasformarono in streghe chiamate orgie.
Nacque una delle figure piú caratteristiche della tradizione popolare: Giorgia Rabiosa,Giorgia Raiosa,Lughia Radiosa),in alcune leggende descritta come fata benefica,in altre,numerosissime,come donna crudele ed avara e per questo punita da Dio e trasformata in pietra.
Sono moltissimi i menhir e le rocce naturali che vengono indicate come la pietrificazione di questo personaggio.
Quasi tutte le pietre sacre ai nostri avi in epoca cristiana diventano il simbolo della punizione divina e su di esse si imbastiscono suggestive leggende diffusissime in ogni parte dell'isola.



(dal libro 'Luoghi ed esseri Fantastici della Sardegna" edito da L'UNIONE SARDA,scritto da B.Vigna-G.Caprolu,con illustrazioni di P.L.Murgia).



dall'Atlante del viaggio in Sardegna di A.Della Marmora







venerdì 20 aprile 2012

Museo Archeologico di Sinnai. Corso di storia e archeologia della Sardegna. Ingresso libero.



Oggi, alle ore 18.30, sarà inaugurato il corso di Storia e archeologia presso il Museo Archeologico di Sinnai. La prima lezione del seminario, a cura dell’Associazione Archistoria, avrà come tema l'arte, la ceramica e la religione nel Neolitico e nel passaggio all'età del Rame. Il seminario (1° ciclo) sarà strutturato in sei lezioni, articolate secondo il calendario sotto esposto. Le lezioni, come di consueto, sono gratuite e indirizzate a tutti gli appassionati, anche ai meno esperti, e avranno un taglio rigoroso dal punto di vista scientifico ma semplice nell’approccio. Prego tutti di dare massima pubblicità all’evento. Cliccando sull'immagine sarà possibile leggere con meno fatica.



SEMINARIO DI ARCHEOLOGIA E STORIA 1° ciclo anno 2012

SINNAI - Museo Civico, Via Colletta 20, ore 18:30

Calendario delle lezioni

20 aprile - Arte, ceramica e religiosità dal Neolitico alle età dei metalli
27 aprile - Il culto dei defunti: Domus de Janas e Tombe di Giganti
4 maggio - La civiltà nuragica: architettura e società
11 maggio - I sardi nel Vicino Oriente
18 maggio - Il cambio sociale: le rotonde, i pozzi e le statue di Monte Prama
25 maggio - La miniaturizzazione: bronzetti e navicelle
Docente 1° ciclo: dott. Pierluigi Montalbano






mercoledì 18 aprile 2012

Colle di Tuvixeddu, la necropoli punica apertura il 21 e 22 Aprile





La necropoli di Tuvixeddu è la più grande necropoli fenicio-punica ancora esistente nel Mediterraneo. Si estende all'interno della città di Cagliari, su tutto il colle omonimo, ed è compresa fra il rione cresciuto lungo il viale Sant'Avendrace e quello di via Is Maglias.

Il nome tuvixeddu significa "colle dei piccoli fori", dal termine sardo tuvu per "cavità", dovuto proprio alla presenza delle numerose tombe scavate nella roccia calcarea.


Tra il VI ed il III secolo a.C. i Cartaginesi scelsero il colle per seppellirvi i loro morti: tali sepolture erano raggiungibili attraverso un pozzo scavato interamente nella roccia calcarea e profondo dai due metri e mezzo sino a undici metri. All'interno del pozzo una piccola apertura introduceva alla camera funeraria o cella sepolcrale. Le camere funerarie erano finemente decorate, e sono state trovate all'interno anfore altrettanto decorate; inoltre sono state rinvenute delle ampolle dove si mettevano delle essenze profumate. Alle pendici del colle di Tuvixeddu si trova anche una necropoli romana, che si affacciava sulla strada che, all'uscita della città, diventava la a Karalibus Turrem (oggi il viale Sant'Avendrace). La necropoli romana è prevalentemente composta da tombe ad arcosolio e colombari.

Di particolare interesse, tra le tombe puniche, la Tomba dell'Ureo e la Tomba del Combattente, decorate con palme e maschere tuttora ben conservate.


Dopo la distruzione della città di Santa Igia intorno al 1200 da parte dei Pisani, i superstiti si stanziarono nell'attuale viale Sant'Avendrace, alle pendici del colle: così buona parte delle case si addossarono a Tuvixeddu, utilizzando ognuna di queste un accesso alle grotte. Ancora oggi, in caso di demolizione delle vecchie case del quartier spesso si trovano grotte con evidenti segni di uso abitativo (alcune grotte riutilizzate a scopo abitativo si possono vedere dietro al liceo classico Siotto sito in Viale Trento).

Il colle di Tuvixeddu non venne mai valorizzato, e nel XX secolo divenne la cava di una cementeria dell'Italcementi, che ne ha terminato l'estrazione solamente negli anni ottanta. Così con i lavori di cava molte tombe andarono irrimediabilmente distrutte, anche se ne vennero trovate altre. Inoltre durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale le grotte vennero usate dagli abitanti della zona come rifugi antiaerei, e i più anziani le usarono come abitazioni per non dover correre ogni volta nel colle.


Nell'immediato dopoguerra vennero abitate da chi aveva perso la casa durante i bombardamenti. Nel colle della cementeria oggi rimane soltanto la torre per la fabbricazione della calce e un capannone che si trova accanto alla nuova ala della scuola media intitolata al canonico Giovanni Spano.

Degli inizi del Novecento è villa Mulas, che ha un parco di vari alberi tra i quali cipressi.
Vi si vorrebbe realizzare un grande parco archeologico e naturalistico, all'interno del quale è prevista anche la costruzione di un museo che conservi i reperti e la storia del colle, anche se alcune imprese edilizie stanno realizzando numerosi interventi edilizi residenziali nella via Is Maglias, area interessata a ricerca archeologica dopo l'accordo del 2000 fra regione, comune e privati.

http://it.sardegne.com/eventi/5982-colle-di-tuvixeddu-la-necropoli-punica-apertura-straordinaria-il-21-e-22-aprile.html

http://www.regione.sardegna.it/tuvixeddu/
http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2012/04/02/news/sardegna_musei_ville_e_monumenti_gratis-32618086/



domenica 15 aprile 2012

perda de s'ogu,sabegia, pinnadeddus - pietre magiche

Il ricordo dei culti ancestrali permane nella superstizione popolare che continua ad attribuire particolare importanza ad alcune pietre utilizzate per curare malattie,per scongiurare il malocchio o per provocare malefici.

estratto da un disegno di P.L.Murgia
La perda de s'ogu(la pietra dell'occhio,da alcune parti chiamata anche perda de tronu),é un sasso di forma tondeggiante che viene gettato in un recipiente colmo d'acqua;dal numero delle bollicine d'aria che si sviluppano si trae indicazione di quanti sguardi malevoli ha addosso la vittima del malocchio.

La Sabegia é una pietra lucida (ambra,corallo,corniolo o onice) che si dona quando una famiglia rischia di estinguersi per mancanza di discendenti diretti.Considerata sacra,viene spesso incastonata nei piu' preziosi gioielli familiari e tramandata da madre in figlia.

Smarrire questa pietra e' presagio di gravissima sventura.

I pinnadeddus sono dei pezzetti di corallo o giada,spesso
bucati per poter essere raccolti insieme a formare una
collana o un bracciale.Vengono messi addosso ai fanciulli
o nascosti tra le fasce dei neonati per preservarli dal malocchio.

Gli originali significati riconnessi alle pietre si sono perduti
nelle pieghe di millenni di storia,ma i gesti e i riti compiuti
un tempo dalle antiche sacerdotesse si rinnovano ancora
oggi nelle pratiche delle fattucchiere.


(dal libro 'Luoghi ed esseri Fantastici della Sardegna" edito da L'UNIONE SARDA,scritto da B.Vigna-G.Caprolu,con illustrazioni di P.L.Murgia).

sabato 14 aprile 2012

le pietre magiche



Bèth-el é la forma semitica da cui deriva la parola bètilo e significa dimora di Dio. Essa viene usata per indicare determinate pietre che alcuni popoli primitivi consideravano sacre in quanto ritenute animate di vita divina. Si pensava,infatti,che in esse risiedesse lo spirito del Dio.

Il culto betilico era diffusissimo anche in Sardegna.Gia' conosciuto in eta' neolitica, divampa in epoca nuragica.Gli idoli di pietra venivano custoditi nei pozzi sacri (i templi nuragici), nelle tombe,negli edifici tribali ed anche nelle abitazioni. Nel santuario nuragico di Serri un vasto ambiente circolare era dedicato al cosiddetto doppio betile,un blocco di pietra dove sono raffigurati in rilievo la Dea Madre ed il suo corrispondente maschile. Caratteristico anche il bètilo ritrovato nella curia di Barumini,la cui forma richiama il nuraghe,e simboleggia il dio della fortezza, lo spirito della guerra. Bètili di forma conica riproducenti i simboli sessuali della divinita' si trovano numerosi presso i sepolcri,soprattutto davanti all'esedra e lungo le pareti delle tombe dei giganti.


Si riteneva che in essi dimorassero anche gli spiriti dei defunti,i quali venivano invocati insieme agli dei per proteggere i vivi. I bètili,come i menhir,erano sedi di liturgie religiose;attorno ad essi si raccoglievano i ministri del culto ed il popolo per invocare gli spiriti della pietra.Di queste cerimonie a sfondo magico-religioso rimane ancora qualche traccia nella tradizione sarda.

Sopravvive ,per esempio,il ricordo di una pratica compiuta dalle giovani spose il giorno del loro matrimonio.Per scongiurare la sterilita', considerata segno di maledizione o castigo divino, la futura madre doveva strofinare il proprio ventre su una roccia sacra unta per l'occasione. Si pensava,infatti,che tra i tanti poteri del genio della pietra vi fosse quello della rigenerazione della vita.Ad Ortueri esiste ancora una pietra chiamata Sa Frissa (che significa l'unta) e che potrebbe essere ricollegata a questa antichissima usanza.


Di antiche danze rituali si puo' scorgere traccia anche in una vecchia costumanza conservatasi ad Olzai,dove i bambini usano ancora lanciare pietre contro una roccia chiamata Babbu de Ogotzi,il cui aspetto richiama quello di un uomo burbero e grottesco.Una forma di simbolica lapidazione del dio che forse puo' essere ricollegata alla remota pratica del parricidio,compiuta per celebrare la sconfitta della vecchiaia e della morte ad opera della vita che si produce nei giovani.

(dal libro 'Luoghi ed esseri Fantastici della Sardegna" edito da L'UNIONE SARDA,scritto da B.Vigna-G.Caprolu,con illustrazioni di P.L.Murgia).

PROVINCIA DI CAGLIARI - Lungo le Rotte della Storia

venerdì 13 aprile 2012

la Dea Madre in Sardegna



La Dea Madre,detta anche Dea degli occhi o Dea Nuda,era la preminente divinita' delle popolazioni neolitiche;il suo culto si protrasse anche in epoca nuragica in cui veniva venerata come divinita' delle acque sorgive e piovane.Ad essa  si riconduce con ogni probabilita' anche la figura di Orgia,anche'essa divinita' materna e fecondatrice,cui era dedicato il grande tempio a megaron rinvenuto a Cuccureddi di Esterzili e chiamato appunto "sa domo de orgia"..La radice "org",che significa acqua,compare nei nomi di numerosi paesi,quali Orgosolo(che,secondo la tradizione,sorse su un terreno umido e acquitrinoso) e Sorgono,rinomato per le sue numerose sorgenti).

La radice "org",che significa acqua,compare nei nomi di numerosi paesi,quali Orgosolo(che,secondo la tradizione,sorse su un terreno umido e acquitrinoso) e Sorgono,rinomato per le sue numerose sorgenti).In una leggenda che si racconta nel cagliaritano,Orgia e' la maga che costrui' l'acquedotto di Ucca 'e rutta.


(dal libro 'Luoghi ed esseri Fantastici della Sardegna" edito da L'UNIONE SARDA)

ricavato da un'illustrazione di P:L: Murgia


                                     

VESTIGIA NEOLITICHE seconda parte



La Dea Madre era la divinita' della maternita' e dell'amore.Di origini orientali (Anatolia - Mesopotamia) essa era verenata in tutto il Mediterraneo.identificata forse con la luna,considerata simbolo della fertilita' e della rigenerazione della vita,questa dea rappresentava la logica espressione spirituale di un popolo ancorato ad una struttura sociale di tipo matriarcale,la cui soppravvivenza era legata ai cicli dell'anno agricolo.

Associato alla Dea Madre veniva talvolta rappresentato anche il suo paredro,il dio maschio identificato col toro (e forse col sole) raffigurato semplicemente da un menhir la cui sommita' appare leggermente appuntita e segnata da una scanalatura,a simboleggiare il fallo.
Intorno a queste pietre si ritiene che si riunissero le donne per compiere danze licenziose che avevano lo scopo di propiziare la fecondita'.

Le pietre infitte  recanti segni femminili e maschili si trovano spesso accoppiate e si accompagnano quasi sempre a monumenti religiosi e funerari.La coppia divina,infatti,doveva segnare la sacralita' del luogo,ergendosi quale simbolo di custodia e protezione.Tale significato hanno certamente il maestoso menhir che si trova presso la necropoli di Montessu,nel Sulcis o i betili che si affiancano,anche in numero di sei,alle tombe dei giganti(Tamuli,presso Macomer,e Curvas,presso Dualchi);oppure le due pietre infitte,una di roccia bianca calcarea e l'altra di arenaria ross (identificabili probabilmente con il sole  e la luna) che si elevano nel luogo alto di Monte d'Accoddi,tra Sassari e Porto Torres.
Forma piu' moderna di menhir,dai quali si differenziano per le dimensioni piu' ridotte,i betili sono per lo piu' scolpiti nel basalto e presentano talvolta numerosi incavi,come a raffigurare i molteplici occhi della divinita'.



(dal libro 'Luoghi ed esseri Fantastici della Sardegna" edito da L'UNIONE SARDA,scritto da B.Vigna-G.Caprolu,con illustrazioni di P.L.Murgia)











mercoledì 11 aprile 2012

VESTIGIA NEOLITICHE prima parte

I dolmen sono formati da grosse pietre infisse al suolo sovrastate da una lastra orizzontalee disposte in modo tale da formare un ambiente circolare o quadrangolare.Spesso,almeno quelli piu' antichi,sono ricoperti di terra e varie pietre inflitte li circondano per impedire lo slittamento del cumulo(di questo tipo sono,per esempio,i dolmen rinvenuti nelle vicinanze di Arzachena).
Adibiti a sepolcri collettivi che riecheggiano origini orientali,sul finire dell'eta' del bronzo questi particolari monumenti subirono un'evoluzione dando origine alla forma piu' modernadella tomba a corridoio(di cui,peraltro,rimane un unico esempio significativo, quello di Motorra ,presso Dorgali).
Rispetto ad altre vestigia prenurargiche,essi sono in numero piu' limitato e si concentrano quasi esclusivamente nella parte centro-settentrionale dell'isola.
I menhir,diffusissimi su tutto il territorio della Sardegna,sono costituiti da grandi pietre di forma allungata initte verticalmente nel terreno.Sono spesso rozzamente lavorati e possono raggiungere un'altezza massima di sei metri e mezzo (menhir della Madonna di Loreto,presso Mamoiada).
Primo esempio di arte religiosa in Sardegna,forse in origine erano dei lignei pali totemici che nella magia paleolitica simboleggiavano il rito sacro della fecondazione.

 I menhir ricalcano in forma imponente ed astratta le immagini delle divinita' tipiche di una religione animistica e naturalistica incentrata sull'idea che la materia fisica fosse animata da spiriti invisibili.
L'uomo neolitico credeva nel mana della pietra,la forza misteriosa dello spirito che l'abitava e che si esprimeva in tutta la sua efficacia solo nella materia nuda e intatta.
La mancanza di lavorazione nelle prime statue-menhir risalirebbe pertanto ad una sorta di tabu' diretto a preservare la magia degli idoli di pietra.


I menhir di epoca successiva si presentano invece ricchi di particolari iconici,simboli divini che alludono alla sessualita' feconda.Essi sono legati al culto della Dea Madre,che e' rappresentata sia nelle statue antropomorfe (come quella di Serra is Araus,a San Vero Milis,e di sa Perda Fitta,a Serramanna);sia in quelle coniche semplici;sia ,ancora,in quelle che recano incavi simulanti i seni e che in alcune pietre si trovano moltiplicati,fino in numero di dieci,forse per indicare maggior forza fecondatrice nella divinita' (su Forconi de Luxia Rabiosa,a Pompu,e il menhir di Genna Prunas,presso Guspini).


(dal libro 'Luoghi ed esseri Fantastici della Sardegna"                            edito da L'UNIONE SARDA,scritto da B.Vigna-G.Caprolu,con illustrazioni di P.L.Murgia)

martedì 10 aprile 2012

Sardus Pater





La tradizione identifica il Sardus Pater con la figura di Ercole ,o con il figlio di questi.Vi e' pero' anche una terza ipotesi,poco conosciuta,ma non per questo meno suggestiva,che rapporta questo personaggio a Sargon,il mitico re della citta' di Ur ,capitale dell'impero di Sumer e di  Akkad in Mesopotamia.Secondo la leggenda Sargon  era il figlio illegittimo di una sacerdotessa e per questo fu abbandonato dalla madre in una cesta nelle acque dell' Eufrate.
Un giardiniere di nome Akki lo raccolse e lo allevo' come un figlio.Quando crebbe,Sargon divenne coppiere alla corte del re di Kish.
Giovane ambizioso e capace,riusci' ben presto a farsi strada fino a destituire il legittimo sovrano e a farsi proclamare re al suo posto.Egli fondo' la dinastia di Akkad ,conquisto' tutta la Mesopotamia ed estese il suo dominio al Mediterraneo occidentale occupando pacificamente la Sardegna.nell'isola i suoi seguaci gli riconobbero il tittolo di padre,inteso come fondatore della patria,e con questo nome fu da allora conosciuto in tutto il mediterraneo.
Questa storia spiegherebbe anche la misteriosa relazione tra Sardus ed Ercole.Ercole Tirio,originario della citta' di  Tiro ,sarebbe stato infatti prescelto da Sargon come suo luogotenente durante la spedizione migratoria in Sardegna.A lui si deve probabilmente la fondazione della citta' di Porto Torres.


foto  presa da http://www.luoghimisteriosi.it/sardegna_montedaccoddi.html
(dal libro 'Luoghi ed esseri Fantastici della Sardegna" edito da L'UNIONE SARDA,scritto da B.Vigna-G.Caprolu,con illustrazioni di P.L.Murgia).

 Tra Sassari e Porto Torres vi e' la "ziqqurath di Monte d'Accoddi".
Qual e' il confine tra mito e storia?



Sargon





Il Popolo di Bronzo









venerdì 6 aprile 2012

Altare preistorico di Monte d' Accoddi

 Durante il Neolitico Recente, si hanno le prime costruzioni megalitiche, l'esempio più eclatante ci sembra essere la Ziqqurath o Altare preistorico di Monte d' Accoddi a circa undici km da Sassari (ci si arriva facilmente, per chi proviene da Sassari, svoltando a sinistra in prossimità dell'apposito cartello indicatore). Nello stesso periodo vengono eretti i menhir, detti anche betili; in sardo "perdas fittas", si tratta di grossi massi allungati più o meno rozzamente lavorati e infissi nel terreno, simbolo della divinità e oggetto di culto. 
foto di Simone Paderi  https://www.facebook.com/simone.phaderi


In questo periodo si costruiscono i primi dolmen, che sono costituiti da quattro lastroni verticali, più un quinto lastrone come copertura. Ma, ritorniamo all'Altare Preistorico o Ziqqurath di Monte d'Accoddi. E' lungo ben 75 metri, compresa la rampa di accesso, ed era alto 37; attualmente è alto 8 metri. Il sito ricadeva nell'Azienda Agraria E.T.F.A.S. (Ente Trasformazione Fondiaria e Agraria della Sardegna), di Monte d'Accoddi, in regione Ponte Secco, i cui terreni erano stati da poco espropriati all'On. A. Segni, che, allora Ministro dell'Agricoltura, della Riforma Agraria era stato primo propugnatore. Gli scavi in loco ebbero inizio nel 1952. A quei tempi quella che oggi è la Ziqqurath, era una modesta collinetta; alla luce del sole esisteva solo un lastrone con uno scolatoio e cinque passatoi, si poteva vedere chiaramente che sotto detto lastrone veniva acceso del fuoco. Sotto, e di fianco ad esso, bucce di lumache e conchiglie. Il lastrone serviva per cuocervi carni di prede catturate, o era un'ara sacrificale o, ancora, vi si cuoceva il cibo per coloro che assistevano ai riti religiosi? Si notavano nel podere in cui sorge l'altare preistorico, ma da questo alquanto distanti due pietre di forma allungata e conficcati nel terreno "betili", appunto che rappresentavano simboli fallici, ed un'altra pietra tondeggiante, rozzamente lavorata, con incise delle coppelle, che rappresentava la fertilità. A causa del gran numero di frecce, coltelli, raschiatoi ed altri utensili, forse legati alla filatura della lana, affioranti sul terreno da poco dissodato dai lavori di scasso e aratura profonda della predetta Riforma Agraria, non sembra sbagliato ipotizzare che sul posto esistesse una fabbrica di utensili per il fabbisogno della gente del posto o, per gli scambi commerciali con altri popoli o tribù. Potrà sembrare un'esagerazione, mentre è realtà, in superficie, si trovavano, come già detto, punte di frecce, coltelli e raschiatoi di selce, in notevole quantità. Dall'altro lato della strada per P.Torres (Ponte Secco è divisa in due, dalla superstrada), dai Caterpillar che procedevano ai lavori di scasso dei terreni, per l'impianto dei vigneti-oliveti, fu per caso scoperchiata una tomba di forma circolare con cellette attorno ad una centrale; naturalmente i lavori furono immediatamente sospesi e ne fu tempestivamente informata la Soprintendenza ai Monumenti e Antichità di Sassari-Nuoro che provvide ad inventariare il sito.
foto di Simone Paderi  https://www.facebook.com/simone.phaderi
A sinistra  : Monte d'Accoddi in Sardegna, Italia, 3200-2700 AC 
A destra  : Sialk Ziggurat, Iran, 2700 AC


foto di Simone Paderi  https://www.facebook.com/simone.phaderi
Ma ritorniamo al punto più importante, all'Altare preistorico. I lavori già iniziati, come abbiamo detto nel 1952 procedettero a rilento, come sempre accade da noi fino al 1958; servirono a fugare ogni dubbio, non si trattava di una costruzione nuragica. Per anni quel cumulo di terra, fu ignorato. I lavori furono ripresi nel 1979, credo per la tenacia del Prof. E. Contu, insospettito da quella collinetta che contraddiceva al resto del podere pianeggiante, volle vederci chiaro e decise di scavare per portare, alla luce quello che è l'Altare Preistorico: la Ziqqurath di Monte d'Accoddi. Tuttavia, ancora oggi resta il mistero di questo monumento che ricorda le Ziqqurath del Medio Oriente. 
Chi costruì quell'altare, che scopo aveva quella costruzione? Religioso, certamente, le capanne che circondano l'altare starebbero a dimostrare che di un luogo di culto, si trattava; ma chi edifico una costruzione che, inequivocabilmente, ricorda le Ziqqurath del Medio Oriente, ma che non trova altri riscontri sia in Sardegna che in tutta il bacino del mediterraneo? Credo che a meno di studi successivi o di altri ritrovamenti, il mistero resterà: quello che non è un mistero è che la Ziqqurath di Monte d'Accoddi, è l'unico esempio in Europa, di questo tipo di costruzioni. Per quanto a conoscenza del sottoscritto, lavori di ricerca vengono tuttora svolti sotto la responsabilità del Prof. Santo Tinè, del Dipartimento di Archeologia dell'Università di Genova. In occasione della recente visita all'Altare di Monte d'Accoddi ci è stato consegnato un opuscolo di Fulvia Lo Schiavo, Soprintendente Archeologico per le Province di Sassari e Nuoro che ci ricorda che durante l'ultima guerra la posizione dominante di quella che io continuo a chiamare collinetta, data la sua posizione dominante, sul restante territorio circostante, venne scelta per sistemare ai suoi quattro angoli delle batterie contraeree; la sistemazione di tali batterie costrinse a scavare una trincea di collegamento, che provocò guasti irreparabili agli strati superiori della seconda piramide. Dai dati degli scavi risulta che la prima piramide venne distrutta da un incendio; la piramide venne ricostruita e un nuovo luogo di culto venne costruito, sopraelevato di diversi metri e cosi anche la rampa e la piramide vennero ricostruite ed ampliate. La seconda piramide restò in uso fino al Calcolitico (Eneolitico,periodo preistorico in cui assieme alle pietre, si cominciò ad utilizzare i metalli), come confermano i reperti delle Culture di Filigosa-Abealzu, di Monte Claro e del vaso Campaniforme ritrovati nelle capanne che sorgono alla base della Ziqqurath. Mentre è quasi certo che all'epoca della Cultura di Bonnanaro, della prima età del Bronzo, (verso la fine del III, inizio del II millennio), la piramide come luogo di culto, non doveva essere più in uso. Io spero che un giorno luce completa venga fatta su questa singolare costruzione che, come abbiamo già detto, trova riscontro solo nelle simili costruzioni mesopotamiche.

testo di Carlo Satta ( http://www.isolasarda.com/accoddi.htm )




Bonnanaro: s'Incontru e il Canto a Cuncordu

Settimana Santa - Il venerdì santo a Castelsardo / 1963 [Istituto LUCE]

The rites of Holy Week in Sardinia: CastelSardo "Lunissanti"

Carnevale in Sardegna - L'sola che danza




Carnevale della Sardegna. 
Maschere, suoni e volti che testimoniano riti antichi. 
Mamuthones e campane, cavalli e cavalieri, vestizioni e sorrisi catturati dalle macchine fotografiche di Matteo Setzu e Diego Cotza in uno dei momenti più suggestivi della cultura sarda.  
Trovate i loro album su Facebook alle pagine http://on.fb.me/hHgMWR e http://on.fb.me/h2Ffgv
Caricato da PortaleSardegna.


giovedì 5 aprile 2012

Sciamanesimo e Mamuthones in Sardegna






MAMUTHONES e ISSOHADORES

Fra le manifestazioni degli usi e costumi popolari della Sardegna la più significativa e la più ricca di ricordi  arcaici  è quella che i pastori e i contadini della Barbagia chiamano "SOS MAMUTHONES"  e "SOS ISSOHADORES"  di Mamoiada, due figure che si esibiscono insieme ma sono ben distinte, caratterizzate sia dal diverso abbigliamento che dal modo di muoversi.
L'abbigliamento del Mamuthone comprende ora l'abito in velluto scuro, la mastruca nera (casacca di pelle ovina caratteristica dei pastori sardi) chiamata sas peddes, le scarpe in pelle conciate a mano dette soshòsinzos; sul volto porta  sa visera, una maschera nera antropomorfa,  sul capo  il berretto sardo (coppola) ed il fazzoletto del vestiario femminile (su mucadore) che avvolge visera e berretto.
Sul dorso del Mamuthone,  legato da una serie di cinghie in cuoio con un complesso sistema di ancoraggio,  è sistemato  un pesante mazzo di campanacci di varia misura mentre un altro  carico più piccolo di campanelle bronzee è collocato  sul davanti all'altezza dello sterno e dello stomaco. L'insieme  dei campanacci e sonagli viene chiamato  sa carriga.  Il peso complessivo di tutta l'attrezzatura si aggira sui 20/25 chili, ma non è solo il peso quello che fa faticare  bensì  la "morsa" delle cinghie in pelle, ben strette tra le spalle e la gabbia toracica che rendono difficile la respirazione; infatti, a fine esibizione le spalle dei partecipanti sono spesso segnate da varie ecchimosi. Una delle doti richieste per fare ilMamuthone è la resistenza alla fatica.
I Mamuthones vanno accompagnati dagli Issohadores,portatori di  soha,  una lunga fune in giunco.
L'Issohadore non porta i pesanti  campanacci, il suo abbigliamento è del tutto diverso da quello delMamuthone   e viene indicato a Mamoiada ed in altri paesi come"veste 'e turcu"(vestito da turco). L'abbigliamento  ora comprende: sul capo la nera berritta sarda legata al mento da un fazzoletto variamente colorato, larghi pantaloni e camicia di tela bianchissimi, sopraccalze di lana nera, il corpetto rosso del costume tradizionale maschile, a tracolla una cinghia in pelle e stoffa dove sono appuntati piccoli sonagli, uno scialle, di solito scuro con bellissimi ricami,  legato alla vita con  la parte  variopinta  che scende lungo la gamba sinistra.
I componenti di questa straordinaria rappresentazione si ritrovano tutti nel punto stabilito per indossare gli abiti della "cerimonia". La vestizione sa' di rito.  La prima uscita annuale dei  Mamuthones e Issohadores  avviene  il 17 Gennaio il giorno di Sant'Antonio, di quello stesso Santo per cui si accendono  grandi fuochi votivi in tutta la Barbagia, ma in altri tempi quest'uscita avveniva già verso l'Epifania o addirittura a Natale.
I Mamoiadini affermano  «senza Mamuthones eIssohadores non c'è Carnevale» il che vuole significare che è questa la manifestazione più importante e il simbolo del Carnevale e allo stesso tempo che l'apparizione di questa misteriosa "mascherata" è segno di festosità, di allegria, di tempi propizi.
Benché si sappia che la sfilata durerà dal pomeriggio fino alla tarda sera, Mamuthones e Issohadoresmangiano e bevono poco  perché l'esibizione richiede molto sforzo e forse anche perché in principio bisognava digiunare come nei misteri. Quest'origine è certamente antichissima: «est anticoriu», dicono i Sardi delle cose il cui ricordo è perduto nell'oscurità dei tempi. (Marchi).
Si è parlato finora di carnevalata, ma quella dei Mamuthones e Issohadores  è una cerimonia solenne, ordinata come una processione che è allo stesso tempo una danza; «una processione danzata» come l'ha definita l'etnologo Raffaello Marchi che per primo, negli anni '40, ha osservato molto da vicino questa manifestazione.
Il gruppo è composto tradizionalmente da 12 Mamuthones e  8  Issohadores  e vanno avanti disposti in quest'ordine:
M = Mamuthone I = Issohadore
M = Mamuthone
I  = Issohadore


    

L'ordinamento sembrerebbe del tutto militaresco, specie per la funzione di avanguardia, di retroguardia, di fiancheggiamento e protezione mobile che hanno gliIssohadores, ma la parata per quanto battagliera possa essere, non è certamente la miniatura di un esercito sardo. 
La processione si muove lentamente, in modo non uniforme perché diverso, ma non discordante è il passo dei Mamuthones e quello degli Issohadores. IMamuthones, disposti su due file parallele, procedono a piccoli passi cadenzati, quasi dei saltelli,  come se avessero catene ai piedi,  appesantiti dai campanacci, dalle vesti di lana grezza, dalla visera.  Ad intervalli uguali danno tutti dei colpi di spalla ruotando il corpo una volta verso destra e un'altra verso sinistra; a questo movimento in due tempi, eseguito in perfetta sincronia, corrisponde un unico squillo dei campanacci; ogni tanto tutti insieme fanno tre rapidi salti su se stessi, seguiti da tre squilli più alti di tutta la sonagliera.
Gli Issohadores si muovono con passi più agili e sciolti, ma sempre misurati ed accordati, per quanto possibile, con l'andare faticoso dei loro cupi  compagni; poi d'improvviso si slanciano, gettano  sa soha (il laccio)  fulmineamente  e quasi senza rompere la compostezza dei loro atteggiamenti  colgono, legano e tirano a sé come un prigioniero l'amico o la donna che hanno scelto nella folla.  Mentre compiono questo esercizio essi possono scambiare qualche parola con la gente  che li circonda, al contrario deiMamuthones che restano muti per tutto il percorso della processione, come gli iniziati di alcuni misteri pagani. (Marchi).  Specialmente se sono uditi a distanza, per le vie di Mamoiada mentre avanzano gradualmente dal silenzio, gli squilli alti e leggeri dei sonagli, quelli gravi e cupi dei campanacci e i colpi faticosamente cadenzati dei passi creano nello spazio una sonorità amplissima e solenne, piena di oscuri significati.  In questo clima di mistero avanza la processione, austera e tragica, con i Mamuthones neri e oppressi come schiavi in catene e gli Issohadoresslanciati e colorati.









Soha / a documentary by Donatello Conti




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http://www.mamuthonescarrigados
                                            
                                                 .i/t

SARDEGNA a Myth in the Mediterranean Sea