sabato 14 aprile 2012

le pietre magiche



Bèth-el é la forma semitica da cui deriva la parola bètilo e significa dimora di Dio. Essa viene usata per indicare determinate pietre che alcuni popoli primitivi consideravano sacre in quanto ritenute animate di vita divina. Si pensava,infatti,che in esse risiedesse lo spirito del Dio.

Il culto betilico era diffusissimo anche in Sardegna.Gia' conosciuto in eta' neolitica, divampa in epoca nuragica.Gli idoli di pietra venivano custoditi nei pozzi sacri (i templi nuragici), nelle tombe,negli edifici tribali ed anche nelle abitazioni. Nel santuario nuragico di Serri un vasto ambiente circolare era dedicato al cosiddetto doppio betile,un blocco di pietra dove sono raffigurati in rilievo la Dea Madre ed il suo corrispondente maschile. Caratteristico anche il bètilo ritrovato nella curia di Barumini,la cui forma richiama il nuraghe,e simboleggia il dio della fortezza, lo spirito della guerra. Bètili di forma conica riproducenti i simboli sessuali della divinita' si trovano numerosi presso i sepolcri,soprattutto davanti all'esedra e lungo le pareti delle tombe dei giganti.


Si riteneva che in essi dimorassero anche gli spiriti dei defunti,i quali venivano invocati insieme agli dei per proteggere i vivi. I bètili,come i menhir,erano sedi di liturgie religiose;attorno ad essi si raccoglievano i ministri del culto ed il popolo per invocare gli spiriti della pietra.Di queste cerimonie a sfondo magico-religioso rimane ancora qualche traccia nella tradizione sarda.

Sopravvive ,per esempio,il ricordo di una pratica compiuta dalle giovani spose il giorno del loro matrimonio.Per scongiurare la sterilita', considerata segno di maledizione o castigo divino, la futura madre doveva strofinare il proprio ventre su una roccia sacra unta per l'occasione. Si pensava,infatti,che tra i tanti poteri del genio della pietra vi fosse quello della rigenerazione della vita.Ad Ortueri esiste ancora una pietra chiamata Sa Frissa (che significa l'unta) e che potrebbe essere ricollegata a questa antichissima usanza.


Di antiche danze rituali si puo' scorgere traccia anche in una vecchia costumanza conservatasi ad Olzai,dove i bambini usano ancora lanciare pietre contro una roccia chiamata Babbu de Ogotzi,il cui aspetto richiama quello di un uomo burbero e grottesco.Una forma di simbolica lapidazione del dio che forse puo' essere ricollegata alla remota pratica del parricidio,compiuta per celebrare la sconfitta della vecchiaia e della morte ad opera della vita che si produce nei giovani.

(dal libro 'Luoghi ed esseri Fantastici della Sardegna" edito da L'UNIONE SARDA,scritto da B.Vigna-G.Caprolu,con illustrazioni di P.L.Murgia).

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