di Salvatore Dedòla
ICHNÙSA
I Greci ebbero la sorte di tramandare ai posteri molte opere scritte, e mediante esse hanno imposto la propria ragione presso gli studiosi dei moderni atenei, i quali a quei testi restano fideisticamente attaccati come all’unica verità. E così sembra a tutti lapalissiano che i nomi più antichi della Sardegna siano stati, in concorrenza tra loro, i seguenti quattro di tradizione greca: ̉Ιχνοũσσα, Σανδαλιοτίς o Σανδαλώτη,̉Αργυρόφλεψ, Σαρδώ(Sardinia presso i Romani).
Ma intanto nessuno ha notato che la Sardegna, in tal guisa, ricevette una considerazione immensa nel mondo greco-latino, poiché l’essere chiamata in tanti modi (che in definitiva sono sei) non era indice di scarsa frequentazione dell’isola – com’è lamentela generale – ma il contrario: era segno che tutte le flotte del Mediterraneo conoscevano bene i suoi approdi, e ogni flotta individuava l’Isola con un nome preciso.
A quei tempi mancavano le convenzioni geografiche internazionali, e ogni popolo del bacino greco chiamava l’Isola al modo che le singole marinerie si tramandavano. La tradizione greca riporta tali versioni, che però vengono limitate (consapevolmente) a quelle che circolavano nel bacino d’utenza. Furono omesse quindi le versioni semitiche, per la ragione che la Grecia, nella colonizzazione del Mediterraneo, si trovò sempre in aspra concorrenza coi Fenici, dei quali bisognava occultare e contrastare gli interessi anche su questo piano.
Vediamo per esteso le versioni di parte greca (e conseguentemente di parte romana). Lo Pseudo Aristotele scrive: «Quest’isola, come sembra, una volta veniva chiamata Ichnussa ( ̉Ιχνοũσσα) in quanto il suo perimetro riproduce una figura di molto simile all’impronta di un piede umano». È la prima notizia in assoluto, tramandata nel IV sec. a.e.v. Plinio, N.H. III, scrive: «Sardiniam ipsam Timaeus Sandaliotim appellavit ab effigie soleae, Myrsilus Ichnusam a similitudine vestigii» (i due studiosi citati da Plinio sono del IV sec. a.e.v.). Sallustio, II, scrive nel I sec. a.e.v.: «La Sardegna, situata nel mare Africo, ha la forma di un piede umano».
Da scrittore a scrittore, ̉Ιχνοũσσα (o ̉Ιχνοũσα) e Sandaliotis furono i due coronimi più tramandati, e tutti gli scrittori li riferirono alla ‘impronta di un piede umano’ ( ̉Ιχνοũσα) o a un sandalo (Sandaliotis): vedi Silio Italico, Manilio, Pausania, Aulo Gellio, Solino, Esichio (Σανδαλώτη), Claudiano, Isidoro, Paolo Diacono.
Se ne discosta lo Scolio al Timeo di Platone: «Costui (Tirreno), salpato secondo un vaticinio dalla Lidia, giunse in quei luoghi (= nel mare Tirreno) e da Sardo, moglie di lui (prese nome) sia la città di Sardis nella Lidia, sia l’isola che prima era chiamata Argiròfleps (̉Αργυρόφλεψ) e adesso Sardinia (Σαρδώ)».
Non metterebbe conto fare osservare che il greco ̉ίχνος ‘orma, traccia’, originariamente ‘segno, figura’, corrisponde all’akk. šiknum (lat.signum) ‘figura, immagine’, ‘posizionamento’ del piede. Il termine è quindi mediterraneo, non solo greco. Comunque sia, il greco ̉Ιχνοũσα, in quanto ‘Sardegna’, non ha la base in ̉ίχνος (mi spiace deludere quanti ci hanno creduto): è invece una paretimologia. Ciò non toglie che il coronimo, impostosi con la nota semantica e per le ragioni suddette, sia stato creduto il prototipo che racchiude e dimostra tutta la verità. Una verità indiscutibile, a cominciare dall’assurdità che i Greci (o chi, se non loro?) avessero misurato accuratamente la forma dell’isola già qualche millennio prima dell’Era volgare, ossia da quando il coronimo esisteva per suo conto, e quando essi, in quanto popolo, stavano ancora in mente Dei. Per contro, dobbiamo concederci, una volta tanto, la licenza di osservare la questione dal punto dei vista dei Sardi proto-nuragici e dei Sardi nuragici, ai quali possiamo accordare che abbiano abitato l’isola di ̉Ιχνοũσα quando ancora il popolo greco non esisteva, in un’epoca in cui, oltre ad erigere i superbi nuraghi, gli artisti sapevano scolpire le statue di Monti Prama. Ebbene, chiediamocelo: i Sardi o Sardiani (o Shardana: nome caparbiamente rifiutato da chi non vuole comprendere) dovettero veramente aspettare la nascita del genio greco per chiamare ̉Ιχνοũσα la propria isola? O dovettero prima attendere le visite dei Fenici?
̉Ιχνοũσα è proprio una paretimologia. Basterebbe questo a dimostrarlo: quando il coronimo sortì, mancavano quattro secoli al talento matematico di Claudio Tolomeo (circa 150 post e.v.), il primo geografo ad aver descritto l’Europa e la Sardegna con procedimenti ed approssimazioni che saranno resi migliori soltanto dai geografi dell’Età moderna. I geografi greci (e latini) precedenti Tolomeo descrissero l’isola col sistema dei peripli e con misure assai discordanti tra geografo e geografo, comunque imprecise, ingestibili. Nessuno di loro riuscì mai a dimostrare nei fatti ciò che il toponimo ̉Ιχνοũσα pretendeva descrivere: l’impronta d’un piede umano, o di un sandalo (Sandaliotis).
̉Ιχνοũσα, ̉Ιχνοũσσα è una perfetta paretimologia, ed ha la base antichissima nell’akk. iqnû ‘lapislazzuli, turchese’, ‘smalto blu’ + -sû ‘the X-man’, in composto iqnû-sû > Iqnusa, che significa ‘l’uomo del Grande Verde’ e parimenti ‘quella (l’isola) del Grande Verde’.
Inutile nascondere l’evidenza: la Sardegna 3000-6000 anni or sono era nota come l’isola dei miracoli per la sua straordinaria feracità, per l’incredibile boscosità, per le numerosissime saline, per essere totalmente circondata da banchi di corallo rosso, per produrre enormi quantità di murici destinati alla porpora, principalmente era nota per le sue miniere. Non è un caso che sia stata chiamata pure ̉Αργυρόφλεψ, che in greco significò ‘dalle vene d’argento’.
La fama di “isola dei miracoli” spaziava specialmente nel bacino semitico, e non fu un caso che poi i Fenici si tennero stretta l’isola. Furono proprio questi, assieme agli Ebrei coi quali navigavano in stretto comparaggio, a dare all’isola un nome più appropriato alla visione del proprio mondo e della propria religione. La chiamarono Kadoššène, (Kadoš-Šēne = ebraico-fenicio ‘Madre Santa’). Precisamente kadošebr., qdš fenicio = ‘santo, sacro’; šn’ fenicio ‘maestro’ ma anche un certo tipo di ufficio (sacro). Nel fenicio šn’ sembrerebbe di poter cogliere quella che per gli Ebrei fu la Terra Santa, la Terra Promessa.
Questo termine in Sardegna rimase in uso fino a tutto il ‘700, ossia sino a tre secoli fa, con la pronuncia Cadossène, ed ancora oggi è ricordato, ed usato pure nelle insegne dei negozi (Nuoro).
Con ciò constatiamo che il coronimo indicante la Sardegna ha tre fonti: una sembra venire dal mondo greco, l’altra proviene senz’altro dai Fenici-Ebrei; la terza proviene senz’altro dai pre-Lidi, i quali con tale nome gentile vollero fare omaggio a Sardò, moglie di Tirreno. A ben vedere, Sardinia o Sardò è l’unico coronimo ad essere datato, poiché da Erodoto, I, 94, sappiamo quando i Lidi (pre-Lidi) mossero, guidati daTirreno, verso il Mediterraneo occidentale.
Dicevo che una delle tre fonti “sembra venire dal mondo greco”. Sembra, ma non è. Ai Greci, mirabili contraffattori di nomi e toponimi altrui, fu facile credere che Ιχνοũσα, Σανδαλιοτίς significasse ‘quella dell’orma’, ‘quella del sandalo’, e rafforzarono tale illusione per il fatto che i naviganti fenici dicevano Kadoššène. Essi sapevano che in semitico -šēn significava pure ‘sandalo’ (così è l’akk. šēnu ‘sandalo’), e sapevano che l’akk. šiknum (lat. signum) ‘figura, immagine’, ‘posizionamento’ del piede, rafforzava la propria intuizione; onde gli fu facile intendere l’akk. iqnû-sû > Iqnusa come ‘orma del piede’, anziché nel suo vero significato di iqnû ‘lapislazzuli, turchese’, ‘smalto blu’ + -sû ‘the X-man’, ša ‘colei che’, in composto iqnû-sû, iqnû-ša > Iqnusa, ossia ‘quella (l’isola) del Grande Verde’.
Così andò la questione nei bacini marinari frequentati dai Greci, e, gravida di tale equivoco, l’autorità dei Greci ebbe presa pure nel mondo romano.
Resta da chiarire perché l’akk. Iqnuša significa ‘Isola del Grande Verde’ (o ‘Quella del Turchese, del Lapislazzuli’). Semplicemente perché in epoca arcaica, quando tutto lo scibile delle antiche civiltà aveva un senso, la Sardegna era nota in tale modo. Isola del Grande Verde era un coronimo antonomastico, poiché l’isola era incastonata al centro del Mediterraneo (chiamato il Grande Verde), lontana da ogni costa, distante ma attrattiva per tutte le sue ricchezze.
Il Grande Verde: così lo chiamavano pure gli Egizi. E quando descrissero i Popoli del Mare, affermarono sempre che provenivano dalGrande Verde, da loro detto Uatch-ur, ‘the Great Green water’, ossia il Mare Mediterraneo. A saperlo interpretare foneticamente, l’egizioUatch-ur è la base etimologica da cui deriva pure il ted. Wasser e l’anglosassone water. Parola mediterranea e pan-europea, questa, che però non replicava, se non nella semantica, il modo in cui gli Accadi, gli Assiri e i Babilonesi chiamarono per proprio conto il Mediterrraneo:Iqnû-sû ‘quello (il mare) del Lapislazzuli’.
Per il resto, gli Egizi seppero distinguere bene quando indicarono le varie parti del Mediterraneo. Quindi scrissero pure Uatch ura āa Meḥu, the ‘Very Great Green Water of the North Land’ i.e., the Mediterranean Sea; ma scrissero Uatch ur ḥau nebtiu ‘the Ionian Sea’, con una evidente distinzione.
Dopo questa ampia disamina della questione, ora sappiamo la vera origine di Ichnùsa. Ed abbiamo guadagnato finalmente pure una seconda certezza: che i celebri Shardana, gli invasori del Delta, uno dei Popoli del Grande Verde, non potevano che avere la propria base in Sardegna, a dispetto degli stuoli di archeologi che ancora lo negano a vantaggio della Sardi anatolica.
http://www.linguasarda.com/index2.htm
http://www.linguasarda.com/index2.htm
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